lunedì 21 marzo 2016

DI MAIO IL FURBACCHIONE

Parole velenose rispedite al mittente prima dal ministro Maria Elena Boschi, che ha definito «deprimente» la «bassa propaganda» del vicepresidente, e poi dallo stesso premier Matteo Renzi, che ha accusato Di Maio di atteggiamento «misero e meschino» per aver «utilizzato le cerimonie e le ricorrenze dei martiri della camorra per tirare addosso agli altri partiti». Il punto, però, è un altro: perché il M5S si accorge solo oggi di don Diana? La spiegazione, probabilmente, non è complessa. Nel 2009, infatti, Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario del governo Berlusconi oggi sotto processo per concorso esterno e inviso ai pentastellati di ogni latitudine, disse: «Don Peppe Diana lo conoscevo. Eravamo legati da vincoli di parentela e, l’ho appreso da atti giudiziari che ho letto, era anche un mio elettore». Quattro anni più tardi, prima di passar a miglior vita, fu il pentito dei casalesi, Carmine Schiavone, ad aggiungere ulteriori elementi: «Nel 1991 chiesi a don Diana di appoggiare Nicola Cosentino alle elezioni provinciali. Don Peppe portava parecchi voti, se non si fosse interessato sarebbero arrivate meno preferenze». Una ricostruzione smentita dallo stesso Cosentino, che appena un mese fa ha sostenuto di non aver «mai chiesto voti a don Peppe Diana», ma solo perché «ero convinto che mi votasse a prescindere». Lo stesso imputato ha spiegato che fu lui a interessarsi dei «lavori di sistemazione della piazza antistante la chiesa di San Nicola di Bari dove don Diana era parroco», e che «fu don Peppe che me lo chiese». È forse per questo che fino a ieri la «stella nascente» Di Maio si era ben guardato dallo strumentalizzare un martire?



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