giovedì 26 maggio 2016

Guai con il Fisco per chi lavora per amici e parenti. Ecco perché

Lavorare gratis non è mai piacevole, ma pochi sanno che può anche creare problemi con il Fisco. Ciò è particolarmente vero per i professionisti che, stando a quanto riportato dal portale di diritto Studio Cataldi, non potrebbero fornire servizi gratuiti ad amici e parenti senza rischiare alcune spiacevoli conseguenze. Per avvocati e commercialisti, ad esempio, la generosa prassi di esentare i propri conoscenti dal pagamento della parcella può infatti comportare immediati accertamenti fiscali. Il tutto scaturisce dalla gestione automatica da parte del Fisco che, in via informatica, effettua automaticamente controlli “incrociati” sui dati in proprio possesso.


La differenza tra le dichiarazioni inviate e le fatture emesse, in un determinato anno di imposta, potrebbe quindi facilmente portare alla contestazione, per le prestazioni che non risultassero remunerate, nel momento in cui dovesse emergere l’incongruenza dei valori e in assenza della previsione di una richiesta di chiarimento da parte del soggetto interessato. Il problema è che, solo dopo la disamina, i funzionari dell’Agenzia delle Entrate, possono procedere con la rettifica prevista dall’accertamento analitico induttivo in base all’inesattezza e incompletezza di quanto indicato nella dichiarazione.


Ma se i dati esaminati dall’Agenzia sono in linea con quelli dello studio di settore applicabile, l’accertamento presuntivo può essere effettuato ugualmente, con la motivazione che l’omessa fatturazione di servizi prestati rappresenti una condotta antieconomica, giacché la gratuità delle prestazioni non è considerata verosimile se riguarda soggetti diversi dai familiari del professionista, per cui la prestazione si presume a carattere oneroso.


Una situazione – quella segnalata dagli esperti del sto StudioCataldi.it – che urta decisamente con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale con diverse pronunce, ha ammesso che il Fisco non può contestare le prestazioni rese a titolo gratuito a favore di amici, parenti o soci di clienti (cfr. Cass. n. 21972/2015) e che, in ogni caso, l’onerosità della prestazione professionale non è essenziale (cfr. Cass. n. 16966/2005), essendo plausibile e ragionevole che il professionista possa decidere di lavorare gratuitamente in considerazione dei rapporti che lo legano a determinati clienti.


Esiste comunque una possibilità per tutelarsi evitando la fatturazione di compensi simbolici, di modesta entità (cfr. Cass. n. 20269/2010). Il consiglio è di predisporre, già prima di rendere i propri servigi nei confronti di soggetti non legati da rapporti di parentela, delle lettere formali di incarico (da trasmettere via pec o per posta), dalle quali si evincano le motivazioni per cui non verrà richiesto alcun corrispettivo.



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