venerdì 2 settembre 2016

Dall"Africa a Caserta. Il vescovo di Caserta Vito Roberti e la Prima Lettera Pastorale

“Tu sei sacerdote per sempre!”


(Salmo 109)


L’azione pastorale dello zelante vescovo di origini lucane, monsignor Vito Roberti (vescovo di Caserta dal 1965 al 1987), è ricordata da molti. Al riguardo, tuttavia, non mancano testimonianze fotografiche, che attestano l’attività episcopale di questo vescovo nella città e nella diocesi di Caserta.


Nel maggio 1965, il predecessore di monsignor Roberti, Sua Eccellenza Bartolomeo Mangino, esalò l’ultimo respiro nella sua città natale, Pagani (Salerno). La sede vescovile casertana restò senza pastore fino al mese di agosto del medesimo anno, quando con Bolla Pontificia datata 15 agosto 1965, il materano monsignor Vito Roberti, già Nunzio Apostolico nel Congo e del Rwanda (Africa), venne nominato arcivescovo – vescovo di Caserta “Per grazia di Dio e della Sede Apostolica”, facendo il solenne ingresso nella nuova Diocesi affidatagli il 31 ottobre dello stesso anno. Dal palazzo apostolico di CastelGandolfo (Roma), il 7 ottobre 1965, Sua Eccellenza Vito Roberti, inviò “al clero a ai fedeli della diocesi di Caserta”, il suo paterno saluto, attraverso la stesura della sua prima Lettera Pastorale. In questo prezioso documento, si percepiscono sin dal primo istante, le preoccupazioni di carattere spirituali e sociali, che il vescovo aveva in cuor suo.


Il presule introduce la sua Lettera, accennando anche al territorio che egli si accingerà ad amministrare spiritualmente: “Fra Matera, mia Città natale e culla della mia famiglia, e Roma, la Città eterna e universale, ove ho avuto la fortuna di venire appena pochi giorni prima dopo la mia nascita e poi di studiare e di compiere la mia formazione sacerdotale, ossia fra quei due poli in cui sino a pochi anni fa si svolse la mia vita, è posta la Vostra bella e regale Città di Caserta. Quante volte ebbi occasione di passarvi! Quante volte ebbi il desiderio di fermarmi, per conoscere qualche cosa delle sue passate glorie religiose – avrei potuto certo pregare dinanzi a qualcuna delle veneratissime immagini della Vergine o nella vetusta Cattedrale di Caserta Vecchia – nonché per ammirare lo splendido gioiello che la rende meta di tanti turisti, il Palazzo Reale!”. Ma “Mirabile è il Signore nei suoi imperscrutabili disegni!”, tanto che il vescovo Roberti fa trasparire dal suo scritto una certa commozione, scandita da tanta meraviglia. Sembrava quasi un sogno quello di monsignor Roberti, affinché un giorno fosse stato inviato “prodigiosamente” nel capoluogo di Terra di Lavoro. Questo sogno per volere divino, è divenuto realtà! La Lettera, infatti, continua affermando che: “…non avrei mai potuto immaginare o prevedere che, un giorno, arricchito di preziose esperienze diplomatiche e missionarie, la Divina Volontà, per mezzo dell’augusta voce di Sua Santità il Papa Paolo VI, felicemente regnante, mi avrebbe chiamato a divenire Vostro Vescovo e Pastore!”. Monsignor Roberti, aveva soprattutto spirito “missionario”, e non a caso nel suo scritto ricorda con vivo piacere il periodo passato in Africa, nel corso della sua Nunziatura Apostolica: “Ma la Provvidenza, per le sue misteriose vie, aveva disposto diversamente e, destinandomi altrove e con nuovi e più responsabili incarichi, assecondava mirabilmente la mia duplice aspirazione pastorale e missionaria. Dopo un più che decennale tirocinio di preparazione diplomatica sotto l’esperta e sicura guida del compianto Mons. Tardini, poi Cardinale Segretario di Stato, ecco che Giovanni XVIII di v. m. mi destinava, consacrato Arcivescovo Titolare di Tomi, rappresentarlo in un campo immenso di lavoro nel cuore dell’Africa: al Congo, al Burundi, al Rwanda. Vi andai quale Delegato Apostolico nel Congo e nel Rwanda e subito dopo fui nominato primo Nunzio Apostolico nel Burundi, avendo così la ventura e l’onore di essere il primo Nunzio Apostolico nel Continente Africano. Seguì la nomina a primo Nunzio Apostolico nel Congo; nel 1964 Paolo VI mi nominava infine anche primo Nunzio Apostolico nel Rwanda.”. In Vito Roberti si evince un profondo attaccamento alle proprie radici “meridionali” della Basilicata: “Nel venire a Voi il mio pensiero e il mio affetto va ancora alla Basilica Cattedrale di Matera, ove fui battezzato e nella quale, Canonico di quel Capitolo Metropolitano, cantai per dodici anni le lodi del Signore…”. Fin da subito, egli si sentì a “casa propria”, divenendo vescovo di Caserta: “L’Anello d’oro, ornato di fulgido topazio, che il Santo Padre si è degnato di darmi, sta a significare che Egli ha voluto così celebrare le Nozze tra me e la mia mistica Sposa, la Chiesa di Caserta. Da quel momento mi sono sentito Vostro, tutto Vostro e… per sempre!”. Con raffinatezza egli si rivolge anche ai suoi “confratelli” vescovi della Campania “…e, in particolare, all’Eminentissimo Signor Cardinale Alfonso Castaldo, Arcivescovo di Napoli, e a S. E. Mons. Tommaso Leonetti, Arcivescovo di Capua e mio degnissimo Metropolita, va l’espressione della mia profonda devozione e il mio deferente saluto: sono sicuro di trovare in essi il consiglio e il sostegno occorrenti al mio lavoro.”. Prima di redigere la presente Lettera Pastorale, Sua Eccellenza Vito Roberti, aveva raccolto informazioni riguardanti l’andamento della Diocesi casertana. La situazione però non si presentava tutta “rosa e fiori”, e come ogni periodo storico, i problemi non mancavano. Monsignor Roberti, infatti, volle mettere in evidenzia alcuni punti che avrebbero rappresentato il suo programma pastorale. In quel periodo, le adesioni al Seminario calarono del tutto, per questo il vescovo manifestò la sua preoccupazione al riguardo: “Venendo a Voi, ahimè!, come trovo diminuito il numero dei Sacerdoti e degli alunni del Seminario e delle vocazioni in genere! E’ mio intento avere in cima alle mie preoccupazioni la cura del Seminario e dei Seminaristi […] Il Seminario sarà la pupilla dei miei occhi e l’istituzione a cui più delle altre dedicherò le mie cure.”. Un occhio di riguardo, ebbe anche per l’istruzione religiosa, anch’essa calata in quel periodo. Sua Eccellenza ebbe verso l’insegnamento della Religione Cattolica, ingenti preoccupazioni, fuoriuscite dalle sue parole: “Il peggior male della nostra società è l’ignoranza in materia di Religione. Enorme devastazione hanno portato negli spiriti principii antireligiosi, diffusi nello scorso secolo (il XIX) e in questo, né ad essa si è saputo forse opporre, purtroppo, un’adeguata preparazione culturale cattolica.”. Alla luce di ciò, il vescovo, chiese la collaborazione soprattutto dei sacerdoti operanti in diocesi, e del laicato cattolico, affinché questi si siano impegnati a “sviluppare e intensificare” nelle parrocchie, nelle associazioni e nelle scuole, l’insegnamento della Dottrina Cattolica a grandi e piccini, e a tutti coloro che avevano intenzione di coltivare la cultura religiosa. Il vescovo Roberti, da vero “meridionale” non dimenticò affatto il mondo del lavoro, facendo un preciso riferimento all’industrializzazione dell’epoca, “…del trapasso cioè dall’economia agricola a quella industriale…”. Il processo industriale avvenuto all’epoca, secondo il Roberti “…getta le basi di un maggior benessere tra il popolo e di conseguenza darà la possibilità di migliorare le condizioni di vita.”. Sulle orme del grande Sant’Alfonso Maria dé Liguori (XVIII secolo), il vescovo casertano non dimenticò la formazione spirituale dei singoli lavoratori, facendo sì che ogni operaio non sia rimasto senza la formazione e l’assistenza religiosa dovutagli. Non da meno, fu la preoccupazione verso l’onestà e la vita morale. Al riguardo, infatti, il pastore affermò che: “Con senso di profonda preoccupazione assistiamo oggi al dilagare dell’immoralità e a manifestazioni procaci di disonestà. Sono minate le fondamenta stesse delle nostre famiglie tradizionalmente sane e cristiane.  La facilità dei costumi, inoltre manifestantesi spesso anche nella disonestà professionale, è motivo per tanti di rovina temporale e, Dio non voglia, eterna.”. Chiude la Lettera, l’interessamento verso le Missioni. Come detto precedentemente, Vito Roberti, ebbe un incarico prestigioso, prima di divenire vescovo casertano: rappresentante della Chiesa Cattolica nel continente nero. Il suo spirito “missionario” certamente non era svanito quando si insediò a Caserta, anzi questo sembrò rifiorire nuovamente. Il sogno più bello del vescovo fu infatti quello “…di fare della Diocesi di Caserta una Diocesi missionaria.”. Il desiderio del vescovo Roberti, divenne “realtà”, grazie all’azione episcopale di monsignor Raffaele Nogaro (attuale vescovo emerito di Caserta), vero “consolatore degli afflitti”, sempre amorevole verso i nostri fratelli emigrati.


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(Una foto del vescovo Vito Roberti degli anni ’80)



Dall"Africa a Caserta. Il vescovo di Caserta Vito Roberti e la Prima Lettera Pastorale http://goo.gl/IoPcfi

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