lunedì 29 agosto 2016

Un eroe della Fede: san Prisco primo vescovo e martire della Chiesa capuana

“Alla vita dei Santi non appartiene solo la loro biografia terrena, ma anche il loro vivere ed operare in Dio dopo la morte. Nei Santi diventa ovvio: chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino.”


(papa Benedetto XVI)


 


I cristiani del comprensorio capuano, sono tali grazie alla testimonianza di Fede del vescovo san Prisco, che attraverso i supplizi del martirio, non rinnegò il suo amore verso il Signore. A distanza di secoli, la gloria del martire san Prisco, viene tramandata di generazione in generazione, specialmente in una “ridente” cittadina in provincia di Caserta, che si onora di avere come toponimo, lo stesso nome del Santo: stiamo parlando della città di San Prisco. In questo luogo è davvero profonda la devozione verso il santo vescovo Prisco, ma anche verso la sua “celeste amica”, la vergine Santa Matrona, che secondo la tradizione ne ritrovò le preziose reliquie, a seguito di una prodigiosa guarigione. Il popolo sanprischese, ogni anno, tributa a questi due santi, fastosi festeggiamenti, portando in processione gli espressivi simulacri dei Santi Prisco e Matrona, solennemente accompagnati per le strade della città, dalle Autorità civili e religiose, dalle “colorate” Confraternite e dai Concerti bandistici. Manca ormai poco per l’inizio dei Festeggiamenti patronali, ed in questa occasione dobbiamo preparaci spiritualmente, non solo per testimoniare la nostra Fede verso Cristo, re dell’Universo, ma anche per far sì che il sacrificio del vescovo san Prisco, non sia stato vano, affinché sia la prova tangibile che l’Amore degli uomini verso il loro Creatore, sia sempre “incondizionato”.


Narrare la vicenda terrena del primo vescovo e martire capuano san Prisco, di certo non è cosa facile, anche perché nel corso del tempo alla verità storica sono state mescolate “storielle” e “leggende”. E’ opportuno far presente che esistono diversi santi col nome “Prisco”: un Prisco vescovo e martire a Capua, san Prisco vescovo di Lione, san Prisco vescovo di Sebaste, Prisco e compagni martiri in Gallia, Prisco martire di Cesarea di Palestina, san Prisco vescovo di Nocera Inferiore, Prisco martire a Roma. In particolar modo le figure del Prisco, primo vescovo di Capua, e di Prisco vescovo di Nocera Inferiore, hanno qualcosa in comune, tanto che alcuni storici hanno pensato che in realtà essi siano la stessa persona. Il san Prisco, primo vescovo della diocesi di Nocera Inferiore, in particolare, viene citato dal vescovo di Nola san Paolino, nel suo Carme XIX, ai versi 515 – 518: “Per caso quel sacro giorno era sorto riportando la festa natalizia del beato Prisco, che anche Nola celebra quantunque quello, come Vescovo di Nocera, abbia avuto la sede in altra città”. Il “nostro” san Prisco viene identificato anche in quello venerato a Capua, che secondo la tradizione fu uno dei settantadue discepoli di Gesù, giunto in Italia al seguito del “principe degli apostoli”, san Pietro. La vicenda che in realtà “divide” totalmente i due Santi omonimi, è quella collegata alle loro preziose reliquie. Del san Prisco venerato a Nocera Inferiore, di cui è patrono sia della città che della diocesi, sappiamo che i suoi resti mortali riposano nella cattedrale nocerina, all’interno di un sarcofago di marmo databile ai secoli II – III d. C. Mentre, per quanto riguarda le reliquie del san Prisco capuano, allo stato attuale non è stata rilevata nessuna traccia, ma solo ipotesi sono state espresse al riguardo. Senza alcun dubbio il più grande biografo di san Prisco vescovo e martire di Capua, è stato il canonico Michele Monaco, padre della storiografia capuana, e cittadino di San Prisco (Caserta). L’opera a stampa più celebre del Monaco, fu senza dubbio quella intitolata “Sanctuarium Capuanum”, uscita dai torchi tipografici nell’anno 1630. Come vuole la tradizione, quando l’apostolo san Pietro, iniziò il suo viaggio evangelizzatore, sbarcò prima a Brindisi, per poi dirigersi verso la “Città eterna”, Roma, dove si sarebbe insediato definitivamente, e dove avrebbe trovato il martirio assieme al compagno san Paolo, “apostolo delle genti”. Durante il viaggio a piedi, pare che san Pietro si sia fermato nell’antica Capua, e lì avrebbe affidato a san Prisco la cura pastorale, istituendo in un certo senso la Chiesa “particolare” che è in Capua. Ovviamente san Prisco, non ebbe una “consacrazione ufficiale” come “episcopus”, e nonostante questa cosa, vogliamo comunque definirlo “proto vescovo” di Capua antica. Il racconto di Michele Monaco ci informa che lo zelante san Prisco, iniziò la sua predicazione “itinerante”, partendo dalla porta Albana, e per di più, che la prima Chiesa dell’antica Capua fu una grotta. Nell’area tifatina, in epoca romana, era diffuso il culto idolatrico verso la dea Diana Tifatina, il cui tempio era ubicato sul monte Tifata, nel luogo dove oggi si erge la basilica di Sant’Angelo in Formis. Nella stessa zona però, era diffuso anche il culto pagano verso Apollo, Giove, Ercole e Bellona, ma tuttavia, san Prisco, si scagliò aspramente contro il culto di Diana, anche perché il suo tempio risultava essere il più antico della zona, ed ella veniva ritenuta “Protettrice principale” delle vergini, dei pastori, dei poeti. Prisco iniziò la sua missione apostolica convertendo al Cristianesimo tantissime persone, e questa situazione fece andare su tutte le furie i sacerdoti pagani del tempio di Diana tifatina. Presi dalla rabbia, i sacerdoti denunciarono il povero san Prisco al proconsole locale. Per ordine del proconsole, infatti, Prisco venne arrestato e costretto a fare sacrifici pagani verso i falsi dei. Egli però non scese a compromessi e si rifiutò di fare ciò, per questo fu condotto al martirio, attraverso la lapidazione. Non sappiamo se successivamente alla morte del martire, alcuni discepoli diedero degna sepoltura al corpo, mettendolo così in salvo dai suoi aguzzini, che secondo un’altra tradizione lo gettarono in un pozzo. Sembrerebbe che i resti mortali del Santo siano stati per tempo “dimenticati”, finché non giunse una giovane di sangue nobile, che prodigiosamente lì ritrovò. La giovane santa Matrona (siamo portati a pensare che questo non sia il vero nome di questa donna, ma, come è noto in epoca romana la “Matrona” era identificata in una donna di stirpe nobile), proveniente dalla Penisola Iberica, come vuole la tradizione, sarebbe stata miracolata grazie all’intercessione di san Prisco. La fanciulla affetta da una grave malattia, si sarebbe recata presso l’antica Capua, e giunta nel luogo dove era situata la tomba di san Prisco, guarì inspiegabilmente, e grazie a questo prodigio, guidata dalla fede, riuscì a rinvenire il sepolcro in cui riposava l’“immobile corpo” del primo vescovo capuano, Prisco. Dopo il fortuito ritrovamento dei resti del martire, ella fece erigere una “sontuosa” basilica in suo onore, nel luogo dove attualmente si erge “maestosa” la chiesa arcipretale di Santa Croce e San Prisco (Chiesa “Madre” di San Prisco). Nonostante i rifacimenti a cui la chiesa fu soggetta nel tempo, dell’epoca Paleocristiana è ancora visibile il “grazioso” Sacello di Santa Matrona (situato sul fondo della navata destra della chiesa), la cui volta è adornata da decorazioni a mosaico. Nella stessa cappella, la fa da “altare” un sarcofago marmoreo, nel quale sarebbero contenute le venerate spoglie della giovane vergine santa Matrona. Sull’altare maggiore della chiesa di San Prisco, fino a diversi anni or sono, troneggiava un’interessante dipinto (attribuito al XVIII secolo), raffigurante il momento in cui il corpo del vescovo e martire san Prisco, venne ritrovato all’interno di un pozzo. Il dipinto, purtroppo, venne trafugato da mani sacrileghe, ma per fortuna presso l’Ufficio Catalogo della Soprintendenza di Caserta (ubicato nel Real Palazzo), è conservata una fotografia dello stesso. Il dipinto più che presentare “modi pittorici” del XVIII secolo, ci sembra che presenti quelli del secolo XVII, durante il cosiddetto “manierismo”. L’ipotesi è sorta dal fatto che sul fondo del dipinto si nota un paesaggio al quanto “immaginario”, tipico di quel periodo artistico. In alto si notano diversi angeli che “accompagnano” il momento di gloria con strumenti musicali, mentre un angelo al centro, porge la palma (simbolo del martirio) e il pastorale (bastone utilizzato dal vescovo, simbolo della dignità di “pastore”). Diversi personaggi sono presenti nella “mistica” scena, mentre osservano “meravigliati” due uomini che prelevano da un pozzo, il corpo del glorioso san Prisco, con tanto di mitra sul capo. E’ del tutto “curioso” osservare una figura quasi “misteriosa”, inginocchiata vicino al pozzo sul lato sinistro. La donna è identificabile in santa Matrona, riconoscibile soprattutto da un oggetto: la corona posta sul suo capo, simbolo di regalità e nobiltà.


Le foto sono di GIUSEPPE PAOLINO


14088460_10202037565697135_994595470656129895_n


(La parte “superstite” del dipinto ubicato nella chiesa di Santa Croce e San Prisco)



Un eroe della Fede: san Prisco primo vescovo e martire della Chiesa capuana http://goo.gl/rMQrMT

1 commento:

  1. Did you know that you can create short urls with AdFocus and make cash for every click on your short links.

    RispondiElimina