martedì 26 luglio 2016

Contributi storici per le celebrazioni in onore di sant’Anna, patrona di Caserta

“Lodiamo sempre la Nostra Santa o popol Casertano, gridiamo tutti viva S. Anna, devoti noi siam!”


(Dall’Inno a Sant’Anna)


Già in sedi diverse, si è parlato diffusamente della profonda devozione che i casertani nutrono nei riguardi della nonna di Gesù, la gloriosa sant’Anna, madre della Vergine Maria. Il nostro scritto vuole soltanto rispolverare alcuni fatti accaduti in passato, e che hanno fatto sì che tale devozione fosse giunta “immutata” fino ai tempi attuali.


La nostra storia ha inizio nel XIX secolo, in una Caserta diversa “d’animo” rispetto a quella odierna, pigra di cultura e “infangata” da una cattiva gestione politica, troppo diffusa nell’Italia meridionale. Nonostante queste vicissitudini, la maggior parte dei cittadini casertani, vedono nei loro Celesti protettori delle “luci di speranza”, come ebbe a dire Sua Santità papa Francesco, nel corso della sua Visita apostolica avvenuta a Caserta nel 2014: “Io non vi porto la Speranza, ma vi porto Gesù che è Speranza!”. La vicenda devozionale dei casertani, nei riguardi di sant’Anna, trae origine non tanto dall’opera ecclesiastica, bensì da quella laica. C’erano due sorelle di cognome Costa, che dimoravano nella “viella Salomone”, nel quartiere popolarmente detto “Santella”, dove è ubicata l’ormai abbandonata chiesa di Sant’Elena imperatrice. Le “devote” sorelle Costa, nella loro abitazione custodivano in una grande scarabattola, quello che un giorno sarebbe diventato il tesoro, punto di riferimento per i casertani: la miracolosa effige di sant’Anna. Ci troviamo tra il 1836 ed il 1838, durante il regno dell’intraprendente monarca Ferdinando II di Borbone, in quel frangente temporale un grave morbo colerico decimerà gran parte della popolazione casertana, e tra le vittime vi furono anche le “devote” sorelle Costa. Da questo momento in poi, comincerà ufficialmente l’attaccamento del popolo casertano verso la gloriosa Santa “vecchiarella”. Le ricerche effettuate nel 1998, dal compianto Gerardo Zampella, ci informano che la statua di sant’Anna alla morte delle sorelle Costa venne trasferita nella vicina chiesa di Sant’Elena, nel 1846 poi, venne portata nella chiesa dell’Arciconfraternita di Santa Maria di Loreto e Anime del Purgatorio. Su disposizioni dell’allora vescovo di Caserta, Domenico Narni Mancinelli, La Confraternita di Loreto venne obbligata a tenere la statua chiusa in un’apposita teca. Soltanto nel 1872 il vescovo Enrico De Rossi decretò che la Confraternita della Vergine Lauretana fu autorizzata ad elevare un altare in onore di sant’Anna, e per di più, che i riti in suo onore dovevano essere officiati a cura e spese della Confraternita e dei fedeli. Soltanto il 28 febbraio 1899, il vescovo Gennaro Cosenza autorizzò la “prima” festa popolare in onore della gran Santa, e nel luglio del medesimo anno si svolse la “prima” processione. Le notizie riguardanti l’andamento sia della festa che della processione in onore di sant’Anna, come fatto notare in nostri precedenti scritti, possono essere estrapolate dalle pagine del “Bollettino Ufficiale” della Diocesi di Caserta, organo a stampa “ufficiale” del vescovado di Caserta, voluto fortemente dall’allora vescovo Natale Gabriele Moriondo. E’ sorprendente sapere che durante il governo episcopale del presule domenicano di origini torinesi, i rapporti tra quest’ultimo, i confratelli della Congrega di Loreto e i membri del Comitato festeggiamenti, non furono del tutto “gioiosi”, proprio perché Sua Eccellenza il vescovo, più volte “alzò i toni” per denunciare apertamente e pubblicamente (specialmente tra le pagine del “Bollettino Ufficiale”), lo svolgimento “poco decoroso” della processione in onore della “Vecchierella”, caratterizzato da: poca preghiera, tanto fanatismo e incessanti schiamazzi per chiedere offerte da porre vicino il simulacro della Santa. Dall’Archivio Storico diocesano di Caserta (si veda pag. 11 dell’Inventario dell’Archivio. I.01.09. “FESTIVITA’ E FUNZIONI RELIGIOSE”. Busta 7, Fasc. 56), abbiamo preso in considerazione, tra la mole di documenti in merito alla festa di sant’Anna, solo alcuni documenti da noi ritenuti più di attenta lettura. Ad esempio il 25 luglio 1927 (durante il periodo fascista), dal Municipio di Caserta venne inviata “all’Illustrissimo Sign. S. E. Monsignor Moriondo Vescovo di Caserta”, una lettera di risposta ad una nota del 19 luglio 1927, avente per oggetto le “Feste Religiose”. Il Podestà di Caserta, il signor Giovanni Tescione  ebbe a dire che: “Con riferimento alla nota cui rispondo, comunico alla S. V. che il sign. Gerardo Spaziante, dipendente di questo Comune e Presidente del Comitato dei festeggiamenti per la festa di S. Anna, interrogato circa i festeggiamenti stessi, mi ha assicurato aver ottenuto dalla E. V. ancora una certa tolleranza per la festa di quest’anno e mi ha assicurato altresì che per la processione religiosa curerà di attenersi il più che sia possibile alle norme fissate. Colgo l’occasione per manifestare a V. E. la mia piena adesione all’azione da compiere nella ricorrenza di festività religiose, per ottenere che le feste si svolgano in conformità dello spirito della Chiesa e delle esigenze della civiltà, e assicuro che, per quanto di mia competenza, curerò che siano osservati i dettami stabiliti. Con osservanza.”. Alcuni anni dopo, precisamente il 20 luglio 1932, il Vicario Generale della Curia vescovile casertana inviò ai responsabile dell’Arciconfraternita di Loreto, una lettera del seguente tenore: “Si comunica alla S. V. Illma che da questa Revma Curia Vescovile è stata concessa alla Arciconfraternita di S. Maria di Loreto la facoltà di portare in processione il simulacro di S. Anna il giorno 31 corr. Alle seguenti condizioni:


I° L’itinerario da seguirsi è: la processione esce dalla chiesa e va per Via Verdi fino a Piazza Garibaldi – Via C. Battisti – Piazza Margherita – Corso verso Largo S. Filomena – Via S. Elena – Via Jolanda verso la Villa – Via Giannone fino allo svolto di Via Tanucci – Via Tanucci fino allo svolto di Via Leonetti – Via Vescovado – Piazza Vescovado – Via De Dominicis fino allo svolto di Via Vico – Via Vico – ritorno in Chiesa.


II° La processione non deve durare oltre tre ore.


III° E’ proibito far sostare l’immagine durante il percorso e girarla verso case private.


IV° Qualora le presenti disposizioni, per qualsiasi ragione od occasione non saranno osservate con tutta diligenza ed esattezza, le Confraternite ed il Clero dovranno ritirarsi dalla processione.”.


E’ del tutto “impensabile” credere che all’epoca si sia potuti giungere a tale severità, nel corso delle feste religiose “esterne”. Sua Eccellenza Natale Gabriele Moriondo gettò un seme, che nel corso del tempo è particolarmente cresciuto, riportando le feste popolari con relative processioni ad un certo rigore tradizionale e morale. Ma la storia si ripete, e diversi anni dopo, sotto l’episcopato casertano del lucano monsignor Vito Roberti, iniziò a riaccendersi questa ormai “vecchia” polemica sull’andamento delle processioni in diocesi. In particolar modo, il successore di monsignor Roberti, Sua Eccellenza Francesco Cuccarese (attualmente arcivescovo emerito dell’Arcidiocesi di Pescara – Penne), fu “duro” verso le processioni eseguite in maniera “pietosa”. Anche se il governo episcopale casertano di quest’ultimo durò solo tre anni (dal 1987 al 1990), la sua azione si rivelò in parte efficace: dal 1989 in poi, infatti, le processioni nella diocesi di Caserta assunsero un tono più solenne e intriso di spiritualità. A ricordo della sua azione episcopale, abbiamo testimonianza di un manifesto datato 23 maggio 1989, a firma del Vescovo e dei sacerdoti diocesani: “Fratelli carissimi, a distanza di un anno dalla emanazione delle disposizioni circa lo svolgimento delle processioni, ribadiamo quanto allora disposto, confortati anche da quanto il Santo Padre ha recentemente affermato sulla pietà popolare ‘…Essa ha bisogno di essere di continuo evangelizzata, affinché la fede che esprime divenga un atto sempre più maturo ed autentico ‘. Nel confermare le nostre disposizioni sentiamo altresì il dovere di ringraziare tutti coloro che con abnegazione e grande spirito di fede hanno collaborato e continuano a collaborare al rinnovamento della vita religiosa delle nostre popolazioni. Desideriamo che le Feste Esterne in onore dei nostri Santi siano sempre più significative e vissute nella gioia e nella fraternità e a tutti quelli che collaborano per la loro riuscita rivolgiamo il nostro caldo invito a restare fedeli ai valori religiosi che sono stati a noi trasmessi anche attraverso queste manifestazioni. A tutti la nostra benedizione.”.


Allo stato attuale, l’Autorità Ecclesiastica della Campania, osserva con occhi più attenti, l’andamento delle feste religiose. Alla luce di ciò, infatti, nel 2013 i vescovi delle Diocesi campane, decisero di emanare delle norme ben precise, per meglio regolare la cosiddetta “religiosità popolare”, tesoro del Popolo di Dio. Il documento, diffusamente divulgato, avente per titolo: “Evangelizzare la Pietà Popolare”, è stato un “toccasana” per la riscoperta della nostra devozione verso la Vergine Maria e i Santi. Ma le feste popolari, oltre a testimoniare la nostra fede, testimoniano soprattutto la nostra storia, i nostri valori spirituali e devozionali, che nel tempo ci sono stati trasmessi dai nostri predecessori, di sicuro persone d’animo “pulito” e intrise di semplicità.


 


 020.1


(I confratelli della Arciconfraternita della Madonna di Loreto di Caserta, in una foto d’epoca)


 


 



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