A don Lorenzo Maggetto, per la stima che mi da.
“Mai nulla si scoprirebbe se ci accontentassimo delle cose già scoperte.”
(Lucio Anneo Seneca)
Nella chiesa dell’ Arciconfraternita di Sant’ Antonio di Padova (edificata agli inizi del XIX secolo), è oggetto di venerazione anche l’ omonimo compagno, vissuto rispetto al Santo portoghese molti secoli prima. Stiamo parlando di sant’ Antonio abate (per saperne di più sulla sua vita, si rimanda al nostro scritto: http://www.vivicasagiove.it/notizie/santantuono-leremita-del-deserto/), fondatore del monachesimo orientale. Ma occorre innanzi tutto fare alcune precisazioni sul culto verso il santo anacoreta, nella Congrega di Sant’ Antonio. Secondo la tradizione, venendo da via Quartier Nuovo, nell’incrocio con via Santa Croce, dove attualmente è presente una macelleria, li almeno fino al XIX secolo era presente una cappella “campestre” dedicata proprio a sant’Antonio abate. Se percorriamo a ritroso parte dell’attuale rione Santa Caterina vedremo come esso era completamente caratterizzato da campagna, e la maggior parte della popolazione basava il suo lavoro sull’agricoltura e sull’allevamento di animali da bestiame. Allora non dobbiamo sorprenderci affatto se in passato vi era una cappella dedicata al grande abate sant’ Antonio, protettore degli animali.
Coloro che possedevano una stalla, avevano esposta al loro interno un’immagine del Santo eremita, proprio a protezione dei propri animali da allevamento. Ancora oggi, l’incrocio in cui è situata la chiesa di Sant’Antonio di Padova, da molti è chiamato (soprattutto dai più anziani) “miez sant’Antuòno” (il Santo abate viene solitamente chiamato in dialetto napoletano per distinguerlo dall’altro omonimo, Antonio di Padova), e proprio in quell’ incrocio un tempo avveniva nel giorno dedicato al Santo (17 gennaio), l’accensione del grande falò, popolarmente detto “ò fuoco e sant’ Antuòno”. Poi però col passare del tempo (dalla venuta in città di don Lorenzo Maggetto), la festa in onore di sant’ Antonio abate ha subito dei cambiamenti: oltre alla consueta benedizione degli animali, la statua del Santo viene portata processionalmente per alcune strade cittadine con tanto di simpatici animaletti al seguito, per poi concludersi all’interno del cortile oratoriale della parrocchia di Santa Croce. Altra cosa che caratterizzava la “viva” devozione verso il Santo “protettore degli animali”, era la recita della novena in suo onore, sempre all’interno della chiesa dell’ Arciconfraternita, che in qualche modo preparava i devoti spiritualmente nel giorno della sua ricorrenza (17 gennaio). La novena a sant’Antonio abate è stata recitata fino alla presenza del parroco don Nicolino Mastroianni (XX secolo), e fu lo stesso sacerdote a scrivere questa novena, notizia scoperta dopo il ritrovamento di un manoscritto redatto di suo pugno, ritrovato “per caso” tra le numerose carte “impolverate”, conservate nella chiesa di Sant’Antonio di Padova. La statua di sant’Antonio abate venerata in Casagiove è una tra le più belle ed espressive nel contesto della statuaria sacra del XIX secolo. La particolarità dell’effige è il fatto che il corpo sia stato eseguito interamente in cartapesta, mentre il capo, le mani, il maialino (purtroppo rubato) e la base sono interamente in legno. Purtroppo la statua si trova in un avanzato stato di “degrado” a causa dei tarli che in parte la stanno deturpando, almeno nelle parti lignee.
A questo punto sorge spontanea una domanda: Quando e per quale motivo la statua dell’anziano Santo è stata intronizzata nella chiesa della Congrega di Sant’Antonio di Padova?
Sulla base della sacra effige si legge “A Devozione di Giuseppe Mingione anno 1870”. E’ probabile che la cappella “campestre” precedentemente citata, sia stata ad un certo punto abbandonata e ridotta a stato di degrado, quindi l’allora priore dell’ Arciconfraternita di Sant’Antonio di Padova, Giuseppe Mingione, salvò da distruzione certa anche il simulacro del Santo abate, restaurandolo a proprie spese, per poi collocarlo definitivamente nella chiesa della Congrega dove tutt’oggi si trova. Oppure, ipotesi più plausibile, nell’anno 1870, lo stesso Mingione, commissionò la statua in una bottega scultorea napoletana, se non addirittura modellò egli stesso l’effige, acquistando a parte le parti in legno di pregiata fattezza. Purtroppo sulle statue custodite gelosamente nella chiesa della Congrega di Sant’Antonio di Padova, non si hanno informazioni né sugli anni in cui vennero eseguite, né sui loro scultori. Ma il nostro continuo ricercare tra i polverosi faldoni archivistici, di sicuro prima o poi, ci daranno risposte.

(La statua del Santo prima del sacrilego furto del maialino interamente in legno)

(Particolare del volto della statua)
La statua di Sant"Antonio abate venerata nella chiesa di Sant"Antonio di Padova in Casagiove http://www.vivicasagiove.it/notizie/23632-2/
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