venerdì 29 aprile 2016

Aspetti di “Pietà Popolare” nell’ episcopato casertano di fra’ Natale Gabriele Moriondo

In ricordo di coloro che ci hanno tramandato l’amore verso le tradizioni popolari…


La maggior parte delle notizie riguardanti l’azione episcopale di fra’ Natale Gabriele Moriondo, possono essere estrapolate principalmente dalle pagine del “Bollettino Ufficiale” della Diocesi di Caserta, periodico istituito proprio dallo zelante vescovo casertano. All’ interno di questa preziosa fonte bibliografica, vengono messe in evidenza notizie di ogni genere: nel nostro caso quelle riguardanti l’andamento delle feste popolari “esterne” e delle processioni. Per chi volesse approfondire sotto ogni punto di vista la figura del vescovo Moriondo, consigliamo di consultare il testo del prof. Olindo Isernia, intitolato: “L’episcopato di Natale Gabriele Moriondo (1922-1943) attraverso il bollettino ufficiale della Diocesi di Caserta, Caserta 2004”.


Il governo episcopale (dal 1922 al 1943) del vescovo domenicano, di origini torinesi, Natale Gabriele Moriondo, cade in un momento storico assai “turbolento” per l’umanità: l’ascesa di duri totalitarismi (Comunismo, Fascismo e Nazismo) e lo scoppio del Secondo Conflitto mondiale. Prima ancora di essere nominato alla cattedra episcopale casertana, “fra’ Natale”, ricoprì altri prestigiosi incarichi: vescovo di Cuneo dal 1914 al 1920, dove fu testimone della brutalità della “Grande Guerra”,  e successivamente Delegato Pontificio nel Caucaso. Ma torniamo a noi. Agli inizi del XX secolo il Sommo Pontefice, Pio XI, sentì l’esigenza di affidare le Diocesi meridionali, a vescovi provenienti dal “freddo” Settentrione, in quanto all’ epoca, era credenza diffusa che il popolo del Sud fosse troppo legato ad una tipo di religiosità intrisa di “superstizione” e di “fanatismo” religioso. C’era dunque bisogno di riportare ad un certo rigore le pratiche di “pietà popolare”, poiché la maggior parte dei meridionali si proclamavano “credenti”, non per fede, bensì per abitudine e tradizione. Non appena il vescovo Moriondo mise piede nella diocesi casertana, subito diede segni di preoccupazione (soprattutto spirituale), verso le feste popolari e le processioni, cercando di riportarle ad un aspetto fatto più di preghiera. All’epoca le feste patronali, soprattutto l’aspetto laico, rappresentato da luminarie, bancarelle e concerti di piazza, era un ambito del tutto “lontano” dai dettami ecclesiastici. A quest’ultimo proposito, il vescovo Moriondo cercò di mettere un freno, emanando diverse disposizioni in merito, come quando vietò le processioni nella notte di Natale, con le effigi di Gesù Bambino, oppure quando sciolse diversi Comitati festeggiamenti operanti nel territorio diocesano. A Caserta centro la fece da protagonista la festa dedicata alla veneratissima sant’ Anna. La processione in onore di sant’ Anna, all’ epoca, ma in parte anche quella attuale, si svolgeva in maniera del tutto lontana da quella che doveva essere la “vera” anima del corteo religioso: poca preghiera, tanto fanatismo fino a rendere la “macchina” sormontata dall’ effige della Santa, una “bancarella”, con banconote esposte ed oggetti votivi d’ogni genere. La statua, inoltre, veniva fatta sostare sotto le abitazioni e all’ interno dei portoni, ed una schiera di persone al seguito non faceva altro che urlare dal delirio, e chiedere insistentemente offerte. Di certo un corteo religioso non doveva svolgersi in quel modo “pietoso”, poiché quel modo di fare e di apparire, non serviva assolutamente ad incrementare la fede e la pietà tra i devoti e i fedeli. Con tutto questo “folclore” nel corso delle solenni processioni, la Curia vescovile sentì l’esigenza di “richiamare” ad un certo ordine tutti coloro che rappresentavano i Comitati festa. Nel “Bollettino Ufficiale” della diocesi di Caserta “Anno I, Giugno 1923, numero 6”, nelle pagine dedicate alla “Vita Diocesana”, vi è un paragrafo dedicato alla “Festa di S. Antonio”, in cui leggiamo: “Contrariamente a quanto era stato stabilito tra l’autorità ecclesiastica e la commissione di detta festa, la processione si svolse in modo poco decoroso e disciplinato. Sappiamo che già S. Ecc.za Mons. Vescovo manifestò la sua disapprovazione con una lettera di protesta. Ci auguriamo che non si abbiano a ripetere simili atti di disubbidienza alla legittima autorità ecclesiastica, unica competente nelle feste religiose.”.   Abbiamo testimonianza di alcune interdizioni di chiese e comitati, tra cui: l’Assunta nel casale di Falciano, la Madonna di Montevergine a Caserta centro, e sant’Antonio di Padova in Casagiove. I comitati di queste ultime feste, vennero sciolti perché ritenuti troppo “chiassosi” e poco “religiosi”. Altro problema che caratterizzava le feste popolari, erano i membri facenti parte dei rispettivi comitati. Non tutti infatti, potevano essere ritenuti “degni” di far parte del comitato, poiché lontani dalla spiritualità, soprattutto i cosiddetti “mast’ e fest”, che nel corso della processione, non facevano altro che urlare e per di più bestemmiare. Sempre dalle pagine del “Bollettino Ufficiale”, troviamo un paragrafo intitolato: “Festa e Processione di S. Anna in Caserta”. L’opinione in merito, da parte della Curia diocesana si presenta con tono polemico e duro, poiché: “…Ci limiteremo a dichiarare che l’Autorità Ecclesiastica, per quest’anno, aveva creduto di tollerare che la festa e processione di S. Anna si svolgesse più o meno nella forma consueta […] Le promesse però non furono affatto mantenute e la processione si svolse in modo davvero sconveniente. S. Ecc.za Mons. Vescovo non mancò di elevare la sua doverosa protesta, e lo fece mediante una lettera indirizzata al Padre Spirituale dell’ Arciconfraternita di Loreto, nella quale annunziava pure la proibizione della processione per l’anno venturo se non si daranno garanzie sufficienti che si svolgerà in modo degno e conforme alle leggi liturgiche. L’ Arciconfraternita con lodevole sollecitudine presentò le scuse per l’accaduto e promise che per l’anno venturo si sarebbero fedelmente osservate tutte le disposizioni per le feste e processioni, anzi assicurò che tale promessa sarebbe stata consacrata da una deliberazione ufficiale dell’Arciconfraternita e che copia del verbale di tale deliberazione sarebbe stata comunicata a S. Ecc.za Mons. Vescovo.”. Pian piano, poi, la maggior parte delle feste “esterne” andarono scemando, a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che stava lacerando gran parte d’Europa, fino a giungere nella Penisola. Non a caso in quel periodo “buio” fatto di sangue e distruzione, diverse feste furono sospese, e tanti oggetti votivi di un certo valore (oro e argento), donati “per devozione” ai santi festeggiati, vennero requisiti a causa dello sforzo bellico. Anche la guerra, contribuì in parte, a calmare gli animi fanatici di tanti individui, e farli ritornare sulla “retta via”, conferendo così alle feste religiose, un carattere liturgico più solenne.


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(Immagine del vescovo Moriondo, tratta dal “Bollettino ufficiale” della Diocesi di Caserta)



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