lunedì 9 novembre 2015

Marro (CDS) contro Giletti, quando un decreto dei Borboni rese Napoli la città più pulita d’Europa

SAN NICOLA LA STRADA – “Massimo Giletti, il conduttore della RAI, sa fare egregiamente il proprio mestiere di istigatore e aizzatore”. È quanto ha affermato Fiore Marro, Presidente Nazionale dei Comitati delle Due Sicilie (CDS), movimento duosiciliano, commentando l’intervista di Giletti nel corso della trasmissione televisiva dell’Arena, talk show pomeridiano della domenica dove ad un certo punto, mentre, nella discussione sui macroscopici problemi di alcune metropoli italiane, per esempio la lacunosa nettezza urbana, ha espresso un pensiero su Napoli, condiviso dalla stragrande maggioranza perfino dei napoletani. Questo (cito testualmente): “Iniziate a fare andare avanti la vostra città, e mettetela a posto perché in vari punti è indecorosa, abbandonata a se stessa. Chi esce dalla stazione centrale trova nei dintorni vicoli pieni di rifiuti, e i cittadini onesti sono sempre in attesa che vengano puliti”. “Un triste destino quello di una città come Napoli, vista dal mondo intero come una città sporca e piena di rifiuti” – ha commentato Marro – “quando pochi secoli fa essa era considerata come la più pulita d’Europa, simbolo di ordine e la prima a fare la raccolta differenziata e ad insegnare alle altre popolazioni italiane l’uso del bidet, assolutamente sconosciuto, ad esempio, ai savoiardi piemontesi”. Non ci sta l’esponente duosiciliano a far passare il pensiero di una Napoli “puzzolente” di cui molti “nordisti” si affidano al detto “Vesuvio fa’ tu”, augurandosi una eruzione peggiore di quella che distrusse Pompei. Le prime ordinanze nel meridione si ebbero nel lontano 1330, quando nella città di Palermo vennero esposte delle ordinanze relative alla pulizia dei luoghi pubblici ed obbligavano i bottegai a mantenere in ordine gli spazi davanti ai loro locali. “Ma nel XIX secolo” – ha aggiunto Marro – “con un decreto nr. 21 del 3 maggio 1832, firmato dal prefetto della polizia di Napoli, Gennaro Piscopo, si ebbero le prime pene detentive per i trasgressori. Il Re Ferdinando II di Borbone, fu il primo ad ordinare la raccolta differenziata, con il suddetto decreto che obbligava di mantenere l’igiene sulle strade. Il prefetto diede disposizioni in merito, scrivendo nel testo che “Tutt’i possessori, o fittuarj di case, di botteghe, di giardini, di cortili, e di posti fissi, o volanti, avranno l’obbligo di far ispazzare la estensione di strada corrispondente al davanti della rispettiva abitazione, bottega, cortile, e per lo sporto non minore di palmi dieci di stanza dal muro, o dal posto rispettivo e che questo spazzamento dovrà essere eseguito in ciascuna mattina prima dello spuntar del sole, usando l’avvertenza di ammonticchiarsi le immondezze al lato delle rispettive abitazioni, e di separarne tutt’i frantumi di cristallo, o di vetro che si troveranno, riponendoli in un cumulo a parte”. Poi aggiungeva che “Dovranno recarsi ne’ locali a Santa Maria in Portico, dove per comodo pubblico trovasi tutto ciò che necessita” ed inoltre il divieto “di gettare dai balconi materiali di qualsiasi natura”. Come si legge nel Regio Decreto nr. 21, le autorità si ponevano il problema della spazzatura, obbligando la popolazione alla raccolta differenziata, in particolare quella del vetro. Insomma” – ha, infine, concluso Marro – “già allora si faceva un’importante riflessione sul problema dell’accumulo di immondizia, e come evitare di far confluire i rifiuti in un unica discarica. A tal proposito vale la pena ricordare l’ammirazione dello scrittore ed erudito Goethe, quando nel 1787, durante il suo viaggio in Italia, rimase stupito per il riciclo degli alimenti in eccesso che si attuava tra la zona di Napoli e le campagne intorno (l’attuale “Terra dei Fuochi“). Circa duecento anni fa, quindi, una legge borbonica aveva risolto il problema dei rifiuti, che oggi invece sembra essere insormontabile, oltre ad essere diventata una questione che riguarda l’intera nazione”.



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