«Arrendersi o perire!». La parola d’ordine intimata dai partigiani riecheggiò un po’ ovunque nel Nord Italia lungo da quella giornata del 25 aprile 1945. Alle 8 di quel mattino, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede a Milano ed era presieduto da Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani – proclamò così l’insurrezione organizzata in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti.
Le forze partigiane si erano preparate un anno e mezzo prima, aspettando l’ora della disfatta. Alcune migliaia di italiani decisero di resistere all’occupazione straniera: poche migliaia, va detto, che però furono molte per un Paese schiacciato da vent’anni di regime. Così, mentre gli Alleati risalivano la Penisola, i partigiani attaccavano i presìdi fascisti e tedeschi del Nord Italia imponendo la resa. Il 26 aprile a Milano entrava un’autocolonna partigiana proveniente dall’Oltrepò e il CLNAI prendeva il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano». Tra le prime decisioni, la condanna a morte di tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che verrà fucilato tre giorni dopo. Già il 28 aprile una grande manifestazione di celebrazione della liberazione si tenne in città. Gli americani entrarono a Milano il giorno dopo e il 1° maggio a Torino. A quel punto, tutta l’Italia settentrionale era stata liberata (a Bologna era toccato il 21 aprile, a Genova il 23 e a Venezia il 28).
La Liberazione metteva fine a vent’anni di dittatura e a cinque di guerra. Un evento epocale, una “rivoluzione”, quella che non c’era stata durante i governi liberali e poi sotto la lunga ombra del regime, e che ora avrebbe portato di lì a un anno, per la prima volta, l’intera popolazione adulta italiana, donne comprese, alle urne per decidere, con il referendum del 2 giugno 1946, fra monarchia e repubblica. Il 25 aprile, simbolicamente, viene così a rappresentare il culmine della fase militare della Resistenza e, poi, della nascita della Repubblica Italiana e della stesura definitiva della Costituzione. È al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi che si deve la proposta rivolta al principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d’Italia, di emanare una legge per celebrare “la totale liberazione del territorio italiano”. Il principe accetta e “il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. Ovunque si intonavano i canti d’incitamento alla resistenza. Era l’Italia di “O bella, ciao”.
Se il 25 aprile non è la festa della Repubblica italiana, che si celebra invece il 2 giugno, ma molto di più. La festa di una libertà conquistata con il sangue, durante una guerra civile e contro lo straniero invasore, va ricordato che l’Italia non è l’unica a celebrare in un giorno speciale la fine dell’occupazione straniera: Olanda e Danimarca la festeggiano il 5 maggio, la Norvegia l’8, la Romania il 23 agosto. E al di là del Mediterraneo, l’Etiopia celebra la sua festa della Liberazione il 5 maggio. Liberazione non dai nazisti, ma dalla terribile occupazione italiana: ovvero, quando “gli altri”, gli invasori, eravamo noi.
25 Aprile: ecco perchè è la festa della Liberazione http://www.vivicasagiove.it/notizie/35052-2/
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