domenica 29 maggio 2016

LETTERA DEI LAVORATORI DEL BACINO DI CRISI DI CASERTA IN RISPOSTA ALLA VENUTA DI DE LUCA A CASERTA

CASERTA. Caro Presidente De Luca l’assenza di lavoro molto spesso era vissuta come una circostanza naturale, oggi invece viene sopportata da noi lavoratori in maniera critica sotto ogni punto di vista. Oggi rispetto a questo dramma la nostra classe politica se ne disinteressa,  i nostri  politicanti sono influenzati dal mantra della deregolamentazione e dall’abbattimento dei diritti, nella convinzione erronea che la flessibilità contrattuale abbia effetti diretti sui livelli di occupazione. Perdere il lavoro è un problema sul piano economico, ma non solo perché il lavoro oggi  è uno dei pilastri dell’identità umana.  Si ricordi caro Presidente che trovarsi disoccupato comporta per noi lavoratori una grave perdita di definizione, di potere, ma soprattutto di poteri di riferimento. Con la mancanza di sostegno  vanno a cadere tutti i principi etici di una famiglia.  Per  questo motivo  che noi chiediamo una soluzione per trovare rimedio,   una prospettiva, ma soprattutto un percorso da intraprendere, non può la sua giunta regionale  essere ostaggio del famoso mediocre, per non dire insufficiente  “Decreto Poletti”. Noi lavoratori aspettiamo da anni il realizzarsi di impegni presi da cariche istituzionali, non possiamo essere gettati come spazzatura in una discarica abusiva. Caro Presidente non   faccia demagogia politica  con le parole, noi ci auspichiamo  il massimo impegno da parte di tutto il  suo governo regionale, c’è la vita di 1200 lavoratori in gioco, non si possono commettere più errori sugli ammortizzatori sociali, non possiamo pagare gli errori delle politiche regionali passate.  Ci auguriamo che lei possa ascoltare le nostre problematiche, ma soprattutto si ricordi che il lavoro, non le parole mobilitano la speranza di noi uomini, perché il lavoratore prima di ogni cosa è considerato un essere umano con i propri diritti universali, culturali, sociali. Ma soprattutto le ricordiamo che la cultura può essere viva se c’è lavoro.



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