venerdì 25 settembre 2015

L’Arcangelo “spodestato”: l’iconografia micaelica nella storia casagiovese

“E in cielo fu battaglia: Michele e i suoi angeli combattevano con il drago. E il drago combatteva, e gli angeli suoi, ma non vinsero, e non si trovò più luogo per essi nel cielo”


(Apocalisse, 12, 7)


Negli ultimi anni si è avuta una rivalutazione del culto micaelico in città, rivalutazione dovuta soprattutto alla dinamica opera del sacerdote don Stefano Giaquinto. Negli anni passati il Santo Patrono non veniva ricordato in maniera solenne, e la processione in suo onore non veniva fatta con cadenza annuale, bensì “quando capitava”. Non a caso nel nostro titolo abbiamo scelto l’aggettivo “spodestato”, proprio perché san Michele pur essendo principale protettore della comunità casagiovese, è stato affettuosamente “messo in disparte” dal compagno francese san Vincenzo dé Paoli. Il presente scritto, vuole quindi essere un mezzo per far ardere maggiormente la fiamma devozionale dei casagiovesi verso il loro celeste protettore,  il “Principe delle milizie celesti”, colui che scacciò il male scaraventandolo negli abissi.


San Michele da molti è considerato l’ Arcangelo dei Pellegrini (con san Raffaele), proprio perché in suo onore secoli fa (ma ancora oggi) venivano svolti lunghi pellegrinaggi, per raggiungere le alture dove Egli in più occasioni apparve (come il Monte Gargano in Puglia). Noi, come quei pellegrini di un tempo, percorriamo le strade del centro storico di Casagiove, alla scoperta delle opere d’arte dedicate al glorioso Arcangelo “condottiero”. La chiesa principale di Casagiove è posta sotto gli auspici di San Michele Arcangelo: sulla facciata di essa leggiamo infatti, “CASAIOVIS PATRONE MICHAEL ARCHANGELE PROTEGE CIVITATEM” (cioè: “PATRONO DI CASAGIOVE, MICHELE ARCANGELO PROTEGGI LA CITTA’”). Questa iscrizione latina è la prima testimonianza che prova l’alto patrocinio di san Michele sulla città. Questa iscrizione è sovrastata da una nicchia al cui interno è presente una statua in stucco raffigurante l’ Arcangelo, datata 1940.


Entrati nel sacro edificio, nell’ultima cappella del lato destro della navata troviamo l’urna contenente la venerata immagine settecentesca di san Michele. Questa scultura è un vero e proprio tesoro sacro, da custodire gelosamente, non solo per la sua sacralità ma anche e soprattutto per la fine bellezza con cui si presenta ai devoti. L’Effige venne scolpita nell’anno 1718, in una delle botteghe più care e rinomate del Regno di Napoli, quella dello scultore di origini venete, Giacomo Colombo. Il Colombo fu scultore in marmo e legno policromo, disegnatore di argenterie sacre. La sua formazione artistica ebbe luogo a Napoli, partendo dalla tradizionale policromia barocca, per poi evolversi nel primo decennio del XVIII secolo in ottimi risultati molto vicini al “roccocò”. Tantissime sue sculture sacre sono sparse per le chiese della Campania, anche nel circondario casertano abbiamo riscontrato la presenza di diverse statue lignee da egli scolpite: il celebre Crocifisso venerato nel duomo di Marcianise, risalente al 1706, e onoratissimo dal popolo marcianisano, la statua della Madonna delle Grazie nella cattedrale di Capua (attribuita), venerata dall’ Arciconfraternita della Madonna delle Grazie detta “La Santella”, la Vergine Addolorata (attribuita) venerata nella cattedrale di Caserta. Ma ritorniamo alla nostra scultura. Essa è forse l’unica a portare la firma del suo sculture sulla base, con relativa datazione, quella dell’anno 1718. Secondo gli studi effettuati dal concittadino casagiovese Domenico Squeglia, la statua venne commissionata “[…] per una somma molto alta per quei tempi: 140 ducati, frutto della generosità di tutto il popolo.” (per approfondire si rimanda al testo: “San Vincenzo dè Paoli: memorie di una tradizione”, Casapulla 2010). Il simulacro si presenta secondo la consueta iconografia: Egli indossa la corazza da antico romano, armato di spada e di scudo su cui è incisa la frase latina “Quis ut Deus”, cioè “Chi è come Dio?”, una domanda retorica per affermare che non vi è nessuno più potente di Dio. A differenza di altre sculture, il male, è raffigurato sotto le sembianze del diavolo e non come nella maggior parte dei casi come drago. Un tempo il capo della statua veniva ornato con un elmo in piume d’argento e da una catena in argento che, stretta nella mano, incatenava il demonio per il collo. Il volto di san Michele, appare sotto le sembianze di un bel giovane dai capelli ricci e svolazzanti, proprio perché ricollegandosi alle parole del Vangelo di Matteo: il Regno dei Cieli è concesso solo ai piccoli, cioè agli umili ai puri di cuore, proprio come i bambini (non a caso gli angeli sono spiriti puri come i bambini). Alzando il capo ammiriamo la magnifica volta “a botte” su cui è dipinto il trionfo di San Michele Arcangelo, opera dell’artista napoletano contemporaneo Raffaele Iodice. Nella “maestosa” pala d’altare del 1609, troviamo san Michele raffigurato sempre da guerriero d’epoca romana, questa volta però con lancia nella mano, nell’atto di trafiggere Lucifero, e con bilancia. La bilancia è collegata al fatto che l’ Arcangelo sia “colui che ci soppesa” cioè il giudice delle Anime Sante. Uscendo dalla chiesa di San Michele, al lato, troviamo la chiesa della Reale Arciconfraternita di San Michele Arcangelo, sede dell’omonima Congregazione Laicale (fondata addì 7 aprile 1749). Anche questa chiesa è in realtà dedicata a San Michele, e non a san Vincenzo, come si è portati a pensare nella tradizione popolare. Sulla facciata di questa chiesa due putti in stucco reggono lo stemma raggiante con la scritta “Quis ut Deus”, proprio per evidenziare che quella chiesa è intitolata all’Arcangelo. All’interno dell’edificio di culto, sull’altare maggiore troneggia un dipinto raffigurante san Michele che sconfigge il demonio. In questa rappresentazione, san Michele si presenta in maniera semplice: cappelli ricci e biondi, corazza da antico romano mentre impugna una spada fiammeggiante (cioè la potenza di Dio), nell’atto di distruggere il male. Il dipinto risalente almeno al XIX secolo è di autore ignoto.


Anche nella chiesa dell’Addolorata, sita in via Santorio e popolarmente detta “E Lill”, tra i dipinti degli inizi del XX secolo che adornano le pareti laterali della navata, ve ne è uno raffigurante san Michele Arcangelo nell’atto di sconfiggere Lucifero. Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria della Vittoria in Coccagna, sulla volta si ammira un affresco raffigurante i simboli dell’Arcangelo: la spada e lo scudo con sopra effigiata la scritta “Quis ut Deus”. L’affresco con molta probabilità è stato voluto da un devoto poiché arreca la seguente scritta: “A.D. (A Devozione) di Filippo Melone 1883”.


Nella chiesa parrocchiale di Santa Croce, non troviamo san Michele, ma bensì suo fratello, san Raffaele Arcangelo, cioè “Dio che guarisce”. Un tempo la statua in cartapesta era conservata in una nicchia nella parete sinistra della navata, tolta poi nel corso degli ultimi lavori di restauro conservativo della graziosa chiesa. La statua raffigura san Raffaele Arcangelo (attualmente esposta lungo il corridoio che conduce alla sacrestia della chiesa) con le vesti da pellegrino, con in mano il “bordone”, tipico bastone dei pellegrini, mentre punta il dito indice verso il giovane Tobia, che accompagnò durante il lungo viaggio per trovare l’antidoto per curare la cecità del suo anziano padre. Secondo il racconto di Tobia, l’ Arcangelo Raffaele fu suo fedele compagno di viaggio, salvandolo da ogni insidia, persino dall’essere divorato da un grosso pesce carnivoro presso il fiume Tigri. Usciti dalle chiese, alziamo lo sguardo verso le pareti delle abitazioni e dei vecchi portoni lungo il centro storico, e notiamo che sono davvero poche le “edicole votive” dedicate a san Michele Arcangelo. Ne contiamo giusto due: la prima sita in via Jovara (dove è ubicato l’attuale negozio di tabacchi), di fronte al palazzo comunale. La pittura murale rappresenta l’Immacolata Concezione tra i santi Michele Arcangelo e Antonio Abate. Nell’attuale via Fiano (già via Quartier vecchio), sulla facciata dello storico palazzo Menditto (accorpato alla pasticceria Caputo), si notano due edicole sacre, e in una di queste vi è un’immagine affrescata che riproduce l’effige di san Michele Arcangelo venerata nella chiesa parrocchiale omonima. Lo stato di conservazione della pittura murale si presenta logorato a causa soprattutto dei continui cambiamenti climatici.


La cosa di cui sicuramente i casagiovesi non saranno a conoscenza, è il fatto che un tempo, in occasione della Solennità di San Michele Arcangelo, si svolgeva la cosiddetta “Tragedia” narrante la vicenda biblica del Glorioso “condottiero angelico”. Ma questa è una storia che tratteremo in altra sede.


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