MADDALONI – Si è svolto sabato, 6 febbraio, a partire dalle ore 9:30, il convegno “Il complesso monastico di Santa Maria de Commendatis”. L’evento, che aveva tutti i presupposti per essere una manifestazione esclusiva nel panorama culturale della nostra città, ha superato di gran lunga tutte le aspettative. Finalmente è stato portata alla ribalta la storia e la bellezza di uno degli edifici più illustri e vetusti della nostra città che ha rappresentato il punto di partenza per le analisi che sono state affrontate durante il protrarsi del convegno.

L’idea di una simile manifestazione è partita dalla mente frizzante della Direttrice del Museo Civico di Maddaloni Dott.ssa Maria Rosaria Rienzo che è da sempre interessata alla storia ed alle bellezze artistiche del complesso monastico che, tra l’altro, ospita proprio il museo. Significativa, per garantire un profilo accademico al convegno, è stata la presenza di importanti docenti universitari, provenienti dalla Seconda Università di Napoli (SUN) e della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.
La manifestazione ha visto la presenza, tra il pubblico, non solo delle più eminenti personalità della città, ma anche alcune classi del Liceo Scientifico “Nino Cortese” accompagnate dai propri professori.

Come di consueto, il convegno si è aperto con i saluti del sindaco. L’Ing. Rosa De Lucia ha spiegato come questo evento segni il punto di arrivo, dopo 2 anni, di un lavoro teso a mantenere in vita l’istituzione museale, ma anche di partenza per esperienze culturali sempre più innovative. Per il primo cittadino la conoscenza, l’immaginazione e la cooperazione sono gli elementi essenziali per il rilancio della cultura maddalonese. Durante il suo intervento la De Lucia ha mostrato al pubblico un atto notarile che sancisce come il complesso monastico e la chiesa al suo interno siano senza ombra di dubbio una proprietà comunale:”Un sindaco può essere orgoglioso di molte cose della propria città – ha dichiarato il sindaco – ed il complesso monastico di Santa Maria de Commendatis è uno di questi”.
Per l’Assessore alla Cultura Dott.ssa Cecilia D’Anna il Museo Civico deve ora intraprendere una nuova fase.”Per due anni e mezzo – ha affermato l’assessore – abbiamo giocato in difesa, è giunto il momento di passare all’azione”. Un’azione che vede il museo non più esclusivamente una rassegna di manufatti, ma un centro di ricerca, luogo nevralgico di una città policentrica.
Il primo intervento è stato naturalmente quello della padrona di casa, la Dott.ssa Rienzo. La Direttrice ha tracciato la storia del complesso monastico. Il nucleo originario risale al 1268, quando, per volere del papa Clemente IV, fu aperta la congrega dei Disciplinati, il cui regolamento, ha sottolineato la direttrice, scritto su una pergamena trecentesca, è improvvisamente sparito dalla chiesa per poi riapparire all’archivio diocesano di Caserta, magiche coincidenze. Nel 1560 il duca di Maddaloni Diomede I fece una donazione di 1.000 ducati per la fondazione di un ospedale con una rendita di 2.000 ducati annui. Morto prematuramente Diomede, la moglie Roberta venne dichiarata esecutrice testamentaria, perciò, investita di tale autorità, la duchessa scelse come luogo di fondazione dell’ospedale “una certa chiesa dove erano delle camere e un orticello rette dagli economi di una confraternita esistente in quella chiesa”. Questo ospedale però non ebbe molta fortuna perchè i maddalonesi avevano, come si legge da alcuni documenti, “vergogna a farsi curare”. Per questo motivo, nel 1660, la duchessa Antonia Caracciolo decise di fondare un convento femminile dove le monache avrebbero adempiuto anche alle mansioni che richiedeva l’istituto ospedaliero. Successivamente la duchessa Carlotta Colonna nel 1719 decise di fondare nella struttura un monastero per suore domenicane, ovviamente dopo l’autorizzazione papale di Clemente IX. Dopo l’istituzione, vennero fatte trasferire da Napoli 50 suore agli ordini della Badessa Anna Maria Carafa. Furono le monache che gestirono i lavori sia architettonici che artistici che si ebbero all’interno del complesso. La Direttrice ha però sottolineato nel suo intervento come il monastero fosse ricco di rendite, la maggior parte delle quali provenivano dai vecchi lasciti fatti all’ospedale, che erano destinate non solo per il sostentamento del convento, ma anche per nuovi investimenti. Una di queste suore, Maria Amalia Carbone, investì del denaro per aprire delle botteghe sulla strada. Intorno al 1800, come si evince da documenti, le suore entrarono in possesso del giardino a ridosso del convento, che era di proprietà dei francescani, concedendo in permuta un loro terreno. “Le suore – ha dichiarato la direttrice – sentirono il bisogno di avere degli spazi aperti. Richiesero allora al vescovo di poter fare dei lavori proprio nel giardino, con la costruzione di un belvedere. Quando però il vescovo visitò il convento per impartire la benedizione rimase di stucco. Questi spazi aperti, con il belvedere che sorgeva di fronte al palazzo Carbone, crearono scandalo per un convento di clausura, tanto che il vescovo, per punire l’ardire di queste monache, le punì vietando loro il sacramento della comunione”. Molto interessante ed ironico è stato il “menù” delle monache.La Rienzo ha infatti illustrato alla platea quali erano le pietanze preferite delle monache del convento: minestre bianche e verdi, ma anche maccheroni e carne come pranzo, mentre per cena il piatto si riempiva di uova, oppure formaggi come la mozzarella, la provola ed il caciocavallo; il menù si differenziava nel periodo di quaresima, dove in tavola si poteva trovare baccalà o legumi.

Dopo l’intervento della Direttrice, la parola è passata agli accademici: il primo a parlare è stato il Prof. Giulio Sodano del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali della SUN. Il Prof. Sodano ha analizzato il rapporto tra Maddaloni e la famiglia Carafa. “Nessuna dinastia feudale ha avuto un rapporto così stretto con la propria città come i Carafa con Maddaloni – ha dichiarato il professore – Questo è il segno inequivocabile della forte presenza dei Carafa sul territorio, di cui il convento di Santa Maria de Commendatis è solo una delle prove”. Le origini del rapporto fra potere feudale e la città vanno naturalmente rintracciate in questioni militari. I Carafa, che erano una delle famiglie più legate alla corona aragonese, sono posti a controllo di Maddaloni, centro nevralgico di comunicazione con Napoli. “Controllare Maddaloni voleva dire controllare la via dei vettovagliamenti per la capitale”. Poi concludendo il suo intervento: “Il potere feudale, a Maddaloni come in altri luoghi, ha avuto una molteplicità di facce: da un lato l’arroganza, l’imposizione della forza, e lo sfruttamento; dall’altro il paternalismo, il mecenatismo, e l’attività caritativa”.
Dopo la pausa del coffee break, sono continuati gli interventi. La Professoressa Danila Jacazzi, docente di Architettura e disegno industriale alla SUN, ha presentato alcune cartografie che illustrano la strade antiche del Pratilli, che sono state esposte e studiate in una pubblicazione del Museo Civico dalla Dott.ssa Maria Rosaria Rienzo. Molto interessante è stata l’esposizione della Prof.ssa Jacazzi sulla via francigena verso la Terra Santa che passava anche da Maddaloni. L’intervento ha dato spazio anche ad una figura essenziale per la storia di Maddaloni: Diomede I Carafa. “Diomede I Carafa era il prototipo dell’archeologo moderno – ha dichiarato la docente – comprò un terreno a Pozzuoli per “ricavar anticaglie”. E’ molto probabile quindi che oggetto di questa sua passione fosse stata anche Maddaloni”.

A seguire c’è stato poi l’intervento della Prof.ssa Nadia Barrella, docente di Museologia della SUN. La Barrella ha eseguito un’analisi tecnica del Museo Civico, dettando una svolta accademica a cui il museo si dovrebbe adeguare. Un museo aperto a nuove esperienze, non solo espositive, dotato di figure professionali adeguate, e sempre attento alla contemporaneità del luogo in cui sorge. A questa analisi dettagliata e per alcuni versi di difficile assimilazione ha voluto rispondere il sindaco. Rosa De Lucia ha voluto sottolineare che se il museo non è ancora all’avanguardia per la museologia moderna non è a causa di una sua chiusura mentale, ma per esigenze che lo Stato impone per un’amministrazione in dissesto, cosa che non consente al Museo Civico di avere i fondi necessari a tale mutazione.
A chiudere la sessione congressuale, è stato il Prof. Giorgio Agnisola, docente della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. L’accademico ha esposto la sua visione per una possibile sezione, all’interno del Museo Civico, dedicata all’arte contemporanea. Il Professor Agnisola ha ricordato un onorato passato artistico contemporaneo che ha visto in Maddaloni un importante centro per il suo sviluppo. Più di tutto è stata ricordata la figura dell’artista Crescenzo Del Vecchio, nativo di Baselice, ma maddalonese d’adozione, al quale è stato tributato un applauso. Nonostante un forte periodo di decadenza, per il prof. Agnisola l’istituzione di una sezione dedicata all’arte contemporanea è possibile all’interno del Museo Civico, ma prima di fare questo passo bisogna “tornare a guardare”.

Il convegno è stato un successo che non consente critiche proprio per la professionalità espressa dall’amministrazione e dal Museo Civico, e per le personalità accademiche che sono intervenute:da tempo Maddaloni non era il centro di un dibattito così vivo e professionale. Nonostante questo, ci sono state le solite critiche, che un organizzatore può anche aspettarsi. Quello che ci lascia attoniti è la figura che ha espresso tali critiche. Parlo naturalmente del Rettore del Convitto Nazionale “G.Bruno”, che con un suo comunicato nella giornata di ieri ha attaccato museo ed amministrazione, colpevoli a suo dire di aver promossi gli interventi di professori “stranieri”, cosa che ha discriminato la autorevoli personalità maddalonesi. Inoltre il Rettore ha messo anche in dubbio la professionalità dei docenti affermando: “il parterre degli esperti-studiosi[ … ]non enumera studiosi maddalonesi, ma solo stranieri che pure forse sono autorità in materia”. Il Rettore per protesta non solo non ha preso parte al convegno, nonostante l’invito, ma non ha fatto prendere parte nemmeno ai suoi alunni. Partiamo dal fatto che un tale comunicato offende non solo gli organizzatori ed i relatori, ma la città stessa che ha ospitato il convegno. Sembra strano che il Rettore, da sempre riconosciuto come una figura culturalmente imprescindibile, non abbia compreso l’importanza dell’evento. La presenza di importanti studiosi nella nostra città, che non credo sia dotata di docenti universitari, non può che renderci orgogliosi del prestigio che Maddaloni sta provando a ritrovare. Un prestigio che non viene da eventi mondani, ma da autentiche iniziative culturali che aprono sempre nuove collaborazioni con altri importanti enti come la Seconda Università di Napoli. Dobbiamo smetterla di essere chiusi, di curare il nostro orto, di essere invidiosi delle iniziative altrui; dobbiamo aprire una nuova fase dove la mentalità si apra a sempre nuove esperienze che arricchiscano la città. Se viceversa diamo retta al nostro orgoglio ed alla nostra superbia, la città sarà destinata a morire.
Convegno su S. Maria de Commendatis: un successo tutto maddalonese http://www.vivicasagiove.it/notizie/convegno-su-s-maria-de-commendatis-un-successo-tutto-maddalonese/
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